Stamattina ho controllato whatsup mentre ero in metro e ho trovato il messaggio di una cara amica che mi chiedeva notizie su Los Angeles.
Che strano, un posto che non ho amato particolarmente mentre c’ero, in realtà mi ritorna sempre in mente, mi offre nuovi motivi per tornarci, mi fa sperare di vivere presto un nuovo sogno californiano.
Ma cosa ricordo di Los Angeles?
E’ stata un’avventura breve, ma intensa, durata solo 4 giorni: dal 1° Novembre al 4 Novembre 2013.
Sono arrivata a Los Angeles da Las Vegas grazie a un autobus Greyhound pagato 20 dollari che mi ha portato nella città delle stelle in 5 ore. Dal Nevada alla California, due stati vicini.
Considerando che nei giorni precedenti avevamo fatto a/r dal Grand Canyon in Arizona a Vegas, 5 ore erano davvero pochissime in confronto.
Ci siamo riposate durante il viaggio, ma quando siamo arrivate siamo rimaste stupite. Ho girato l’America spesso con gli autobus Greyhound e ho visto tantissime stazioni degli autobus, da quelle piu’ famose di Chicago o NYC a quelle di città più piccole come Cleveland o Columbus, ma il DISAGIO e DEGRADO di quella di Los Angeles non l’ho mai provato!
Appena arrivate avevamo anche paura ad allontanarci di un centimetro dai nostri bagagli perchè la popolazione intorno era davvero paurosa, gangster da film di Scorsese!
Nonostante il primo impatto, la temperatura mite della città e l’ora dell’oro (il tramonto) mi hanno subito convinto di essere in un bel posto. Ho chiamato un taxi e sono andata verso l’albergo: il Travelodge Hotel di Hollywood all’incrocio tra Vermont e Sunset.
Su questo albergo potrei aprire un capitolo infinito, ma la mia raccomandazione è questa: NON ANDATECI. E’ vicinissimo alla metro e per questo ha una posizione comoda per spostarsi in giro, ma la puzza di insetticida, le macchinette per le bibite mangia soldi, la piscina minuscola nel centro del parcheggio e la scortesia degli impiegati alla reception me lo hanno fatto reputare il peggior albergo in cui io sia mai stata (inclusi anche dei buchi pieni di scarafaggi in Thailandia o l’ostello di Cleveland che odiavo).
Senza perderci troppo d’animo e nonostante alcuni infortuni da “fine del viaggio” (dopo due settimane in giro per concerti e avventure varie di Vegas i nostri piedi avevano molte vesciche e problemi vari tanto da doverli ribattezzare “piedi di legno”), siamo andate a fare una prima passeggiata. Intorno all’albergo c’è una strada, Vermont Avenue, piena di ristoranti e abbiamo deciso per una pizza in una pizzeria/pub dagli interni in legno e con una cameriera proprio simpatica. L’ospitalità e il modo di fare americano nella ristorazione mi piacciono molto, sanno come guadagnarsi le mance!
Non ricordo la precisa scansione degli eventi quindi diciamo che scrivo a mò di “stream of consciuosness” le varie cose che ho visto e mi sono piaciute.
Sulla Walk of Fame sono stata fermata da uno dei classici promoter di tour da fare per la città con gli spot piu’ caratteristici. Bè, quella volta mi ha convinta e sono partita in una jeep senza tetto alla volta delle case delle celebrità, dei luoghi in cui sono stati girati film famosi (come ad esempio Pretty Woman) e dei punti panoramici. La cosa divertente di questo tour organizzato era che si trattava di un “rocking tour”, per ogni zona c’era una canzone!
Ho visto LA dall’alto, la scritta Hollywood, gli Studios, Mullholland drive, la casa di Michael Jackson…insomma tutte queste cose da turisti. La cosa che ho adorato particolarmente è stato guardare il panorama dall’alto. E’ una banalità, ma ci si può immaginare proprio in un film con quella sconfinata distesa di palazzi davanti agli occhi (tra cui anche il celestissimo palazzo di Scienthology).
Il caldo a novembre, il Sole, una canotta con la faccia di un gatto con il fulmine di David Bowie comprata a Las Vegas, una bottiglia di acqua fresca sotto al sediolino dell’auto, tante foto, tante risate. Che ricordi!
Sempre a proposito di punti panoramici mi viene in mente il Griffith Observatory. Avevo sentito da qualcuno o letto che bisognava andarci di sera. Ho chiamato un taxi e sono andata. Il tassista, americano quanto me, non sapeva dove lasciarmi, la zona verde del parco era in realtà una vera e propria giungla desolata, un posto in cui restare senza auto e senza telefono non era davvero l’ideale. Risultato? Ho chiesto al tassista di girare e ritornare verso Vermont (vicinissima tra l’altro)! Consiglio: andateci di giorno o se avete un’auto a noleggio.
Un’altra tappa che mi è piaciuta moltissimo è stata il LACMA con l’installazione di lampade che avevo visto in un film di Natalie Portman e con la zona vicina piena di parchi, musei e cose interessanti. Avevo voglia di vedere un quadro di Magritte che ovviamente era via per una mostra temporanea altrove, ma nel complesso il museo, soprattutto il piano dedicato all’arte moderna dell’edificio principale, è davvero favoloso.
Per la sera un’ottima attività è stata andare al Greek Theatre per vedere il concerto dei Two Door Cinema Club. Li avevo conosciuti per caso e non sapevo certo tutte le canzoni a memoria, ma nel fresco serale dell’anfiteatro è stato davvero bello vederli. Abbiamo mangiato un toast al formaggio e patatine e ci siamo godute il concerto da sedute. Che tranquillità.
Un capitolo a parte merita Santa Monica. La sentite voi questa musica felice che parte appena si scandiscono queste due parole attaccate? Santa Monica. S a n t a M o n i c a. Lo spelling ha lo stesso suono di una lattina di Coca Cola che si stappa in piena estate, lo stesso “splash” di un tuffo a bomba, la stessa allegria di un giro sulle montagne russe.
Ci si mette un po’ per arrivarci in autobus da Hollywood, ma è un bel giro panoramico. Si passa accanto alla chiesa dei Mormoni tra l’altro, ciao Brandon Flowers!
A Santa Monica ti rendi subito conto di essere in un posto di mare. Il Sole brucia più forte, c’è odore di salsedine, i colori sono accesi e le palme…bè, le palme sono ovunque.
L’ultimo tratto della Route 66 finisce qui e il pontile lo celebra con uno dei cartelli più fotografati al mondo. Proprio all’inizio del pontile c’è il ristorante Gubba Gump (controllare il nome) dedicato a Forrest Gump. Ero tentata di comprare una maglia “My Mama Says I’m Special”, ma non l’ho fatto.
Non lasciatevi distrarre dalle calamite e dalle cartoline: andate verso il mare. Lasciatevi anche il coloratissimo luna park alle spalle e guardate l’oceano. Che emozione, che meraviglia, ho messo i piedi in acqua e mi è sembrato di riprendere i sensi dopo uno svenimento. Ho perfino fatto amicizia con un gabbiano.
Quella sabbia fine, le casette dei guarda spiaggia, le onde. Ci sarà un motivo per il quale la California è il posto più desiderato da tutti!
Ultimo ricordo LAX, per arrivarci…che traffico! Anticipatevi quando dovete andarci, code di auto così da noi non si sono mai viste neanche il 1 agosto negli anni ’90!